Dai
brani che ho potuto analizzare dal libro “Passato prossimo” di Eva Cantarella, si
evince che non sempre la donna era, al tempo dei romani, destinata ad essere “lanifica”,
cioè “dedita a lavorare la lana”. Ci sono infatti donne che hanno sovvertito
questo “mos” romano. A partire dalle
leggende più antiche, possiamo vedere alcune donne che avevano la stessa “virtus” degli uomini, ovvero il valore,
proprio in campo militare. La prima di cui abbiamo notizia è Camilla, figlia di
un re esiliato e, per questo, costretta a vivere nei boschi e ad essere educata
alla guerra. Viene descritta da Virgilio come una vergine dal coraggio
inimmaginabile, fiera e forte a capo di un manipolo di Amazzoni, come le chiama
il poeta, intente a combattere contro Enea. Camilla, capace di utilizzare
spada, scure e, come ci dice Virgilio, abile al pari di Diana con l’arco.
Durante la battaglia l’Amazzone non si arrendeva né indietreggiava, scoccando
una pioggia di dardi letali, e mutilando i nemici a colpi di scure, anche nella
morte, che avviene in questa battaglia, Virgilio ce la mostra in tutta la sua
fierezza, infatti questa s’addormenta ancora cercando di togliersi la lancia
dall’osso colpito.
"Passato prossimo" di Eva Cantarella |
La
seconda Amazzone italica è invece Clelia, che, presa in ostaggio da Porsenna,
ispirata dal gesto di Muzio Scevola, conduce in salvo, attraversando il Tevere
a nuoto, tutte le altre donne catturate. A lei verrà dedicata una statua, onore
che non riceveranno nemmeno i generali che vinsero in quella stessa guerra e
neppure Scevola che verrà solo acclamato come un eroe.
Altro
esempio di come a Roma non tutte le donne fossero assoggettate agli uomini è
quello delle donne avvocato di cui due, per quanto avessero sconvolto un luogo prettamente maschile come il foro, suscitando spesso
disprezzo, vennero descritte da Valerio Massimo e da Appiano come donne che
avevano una capacità oratoria che a molti uomini mancava. In particolare,
Ortensia, che parlò a nome di molte donne ricche romane, che erano state
ingiustamente oppresse da una tassa per il mantenimento dell’esercito, e che
riuscì, grazie alle sue doti eccezionali, a restringere il numero delle donne
tassate alle sole 400 che avevano un patrimonio maggiore di 10.000 denari.
Viene descritta Ortensia come donna dalle qualità straordinarie piena di
coraggio e di energia, la cui cultura faceva invidia a tanti dotti dell’epoca.
Questi sono alcuni dei, purtroppo, ben pochi esempi di emancipazione delle
donne Romane da quegli standard di sottomissione tipici dell’epoca, ma questi
racconti ci insegnano che con determinazione e forza di volontà ogni muro di
convenzione, anche il più saldo, può essere abbattuto e in questo le donne sono
davvero maestre di vita.
S. S.
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