martedì 10 maggio 2016

Donne romane: le Amazzoni e le donne avvocato

Dai brani che ho potuto analizzare dal libro “Passato prossimo” di Eva Cantarella, si evince che non sempre la donna era, al tempo dei romani, destinata ad essere “lanifica”, cioè “dedita a lavorare la lana”. Ci sono infatti donne che hanno sovvertito questo “mos” romano. A partire dalle leggende più antiche, possiamo vedere alcune donne che avevano la stessa “virtus” degli uomini, ovvero il valore, proprio in campo militare. La prima di cui abbiamo notizia è Camilla, figlia di un re esiliato e, per questo, costretta a vivere nei boschi e ad essere educata alla guerra. Viene descritta da Virgilio come una vergine dal coraggio inimmaginabile, fiera e forte a capo di un manipolo di Amazzoni, come le chiama il poeta, intente a combattere contro Enea. Camilla, capace di utilizzare spada, scure e, come ci dice Virgilio, abile al pari di Diana con l’arco. Durante la battaglia l’Amazzone non si arrendeva né indietreggiava, scoccando una pioggia di dardi letali, e mutilando i nemici a colpi di scure, anche nella morte, che avviene in questa battaglia, Virgilio ce la mostra in tutta la sua fierezza, infatti questa s’addormenta ancora cercando di togliersi la lancia dall’osso colpito.
"Passato prossimo" di Eva Cantarella
 
La seconda Amazzone italica è invece Clelia, che, presa in ostaggio da Porsenna, ispirata dal gesto di Muzio Scevola, conduce in salvo, attraversando il Tevere a nuoto, tutte le altre donne catturate. A lei verrà dedicata una statua, onore che non riceveranno nemmeno i generali che vinsero in quella stessa guerra e neppure Scevola che verrà solo acclamato come un eroe.
 
Altro esempio di come a Roma non tutte le donne fossero assoggettate agli uomini è quello delle donne avvocato di cui due, per quanto avessero sconvolto un luogo prettamente maschile come il foro, suscitando spesso disprezzo, vennero descritte da Valerio Massimo e da Appiano come donne che avevano una capacità oratoria che a molti uomini mancava. In particolare, Ortensia, che parlò a nome di molte donne ricche romane, che erano state ingiustamente oppresse da una tassa per il mantenimento dell’esercito, e che riuscì, grazie alle sue doti eccezionali, a restringere il numero delle donne tassate alle sole 400 che avevano un patrimonio maggiore di 10.000 denari. Viene descritta Ortensia come donna dalle qualità straordinarie piena di coraggio e di energia, la cui cultura faceva invidia a tanti dotti dell’epoca. Questi sono alcuni dei, purtroppo, ben pochi esempi di emancipazione delle donne Romane da quegli standard di sottomissione tipici dell’epoca, ma questi racconti ci insegnano che con determinazione e forza di volontà ogni muro di convenzione, anche il più saldo, può essere abbattuto e in questo le donne sono davvero maestre di vita.
 
S. S.

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