lunedì 22 febbraio 2016

Catullo, l'amore e l'odio

Catullo - Carme 85

Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade e mi tormento.
 

È un carme scritto da Catullo per Lesbia, il suo amore, il cui vero nome è Clodia. È un amore contrastante. L'autore combatte continuamente tra due sentimenti opposti e passa dall’uno all’altro con una facilità sconcertante. Ama Clodia perché ormai è il suo tutto e la sua ragione di vita, la odia perché l’amore non è ricambiato, lei lo vede solo come uno dei suoi tanti clienti. Quello che Catullo sta cercando è un amore impossibile da raggiungere con lei, quello che riesce ad avere è solo l’amore di una notte, una notte per lui di grande importanza, ma per lei, uguale a tante altre. Catullo | © Google immagini
 
 Sa di sbagliare, sa di non dover più pensare a lei, ma ormai è troppo tardi, ormai non gli rimane altro che il tormento. Questo è un amore che non potrà vivere come lui desidera e per questo comincia ad odiarlo. È difficile amare qualcuno che non si può amare, è uno degli effetti collaterali dell’amore, un sentimento tanto bello quanto letale, bello quando trovi la persona che rappresenta il pezzo mancante del tuo puzzle, letale quando pensi di aver trovato questo pezzo, ne sei sicuro, ma alla fine non combacia perché appartiene ad un altro puzzle. Incominci, così, a provare il sentimento opposto, cominci ad odiare tutto e tutti. L’uomo in generale preferisce odiare perché ha la certezza di poter solo far soffrire, piuttosto che amare, poiché ha la certezza che prima o poi toccherà a lui soffrire. La sofferenza di Catullo si legge anche nella rivisitazione del fr. 31 V di Saffo, poetessa d’amore del mondo greco.
 
Catullo - Carme 51

Ille mi par esse deo videtur,                                                 Mi sembra che sia pari ad un dio
Ille, si fas est, superare divos,                                              Se è lecito, mi sembra che superi gli dei,             
Qui sedens adversus identidem te                                     Colui che, sedendoti di fronte,
Spectat et audit                                                                      continuamente ti guarda e ti ascolta
Dulce ridentem, misero quod omnis                                  mentre ridi dolcemente, cosa che a me misero
Eripit sensus mihi: nam simul te,                                         strappa tutte le facoltà: infatti non appena
Lesbia, aspexi, nihil est super mi                                         ti vedo, Lesbia, non mi rimane più
Tum quoque vocis.                                                                 neppure un fil di voce
Lingua sed torpet, tenuis sub artus                                     ma la lingua si intorpidisce, un fuoco sottile
Flamma demanat, sonitu suopte                                         si insinua sotto le membra, le orecchie
Tintinant aures, gemina teguntur                                       rimbombano per un suono interno, gli occhi si
Lumina nocte.                                                                         ricoprono di una duplice notte.
Otium, Catulle, tibi molestum est:                                      L'otium, Catullo, per te è un peso
Otio exultas nimiumque gestis.                                           Per l'otium sei troppo felice, ti dibatti.
Otium et reges prius et beatas                                            L'otium già mandò in rovina in passato re e
Perdidit urbes.                                                                        città felici.
 
Sono versi rivelatori della passione di Catullo e della gelosia che prova nei confronti del "lui" che guarda e ascolta la sua amata. Vorrebbe essere quell'uomo, vorrebbe non soffrire come sta soffrendo in questo momento, vorrebbe poter ritrovare la sua voce per parlare con lei, vorrebbe eliminare quel suono che rimbomba nelle sue orecchie per riascoltare la sua voce, vorrebbe tornare a vedere per osservarla, ancora e ancora, ma non può; il fuoco sotto le sue membra, come la notte nei suoi occhi, sarà perenne, perché sa di star rincorrendo un miraggio. L'oggetto del desiderio è troppo lontano, riesce a sfiorarlo qualche volta, e si culla per poco tempo nella felicità del momento, ma quella temporanea felicità lo porterà alla rovina come già ha portato alla rovina regni che un tempo erano stati felici.
 
A.L.

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