sabato 2 aprile 2016

Un giorno al Colosseo: la provenienza, i costi e i prezzi dei gladiatori

Prima delle vacanze di Pasqua, il prof di latino e greco ha proposto ad ognuno di noi di leggere un capitolo del libro “Un giorno al Colosseo” di Fik Meijer. Se devo essere sincero, all’inizio l’idea di parlare dei gladiatori non mi ha coinvolto molto, tuttavia ho scelto due capitoli: “La provenienza dei gladiatori” e “Costi e prezzi dei gladiatori”.
 
In realtà poi, leggendo pagina dopo pagina, non riuscivo a staccare gli occhi dal testo, e la cosa più bella è che ero talmente preso dalla lettura, che non mi interessava più di quello che accadeva intorno a me; dovevo leggere quelle pagine fino all’ultima parola! Come vi ho detto, il primo capitolo tratta la provenienza sociale dei gladiatori e sinceramente mi ha molto colpito il fatto che, a volte, anche persone importanti come senatori, cavalieri, ma anche gli stessi imperatori potevano partecipare come gladiatori agli spettacoli! Ma andiamo con ordine: la prima cosa che bisogna dire è che principalmente i condannati per pene gravi (lesa maestà, omicidio, etc…) invece di ricevere la pena di morte, venivano condannati ad essere gladiatori (ad ludum gladiatorium), venendo addestrati da un lanista. Potevano diventare gladiatori anche dei volontari, che per vari motivi si offrivano per mostrare il loro coraggio, per ricominciare, mettendosi alle spalle un passato da dimenticare, ma anche - come nel caso di un certo Siside - per racimolare soldi per liberare dalla schiavitù un suo caro amico. Inoltre anche alcuni aristocratici potevano esibirsi senza seguire l’addestramento previsto per i gladiatori. In più occasioni gli imperatori cercarono di impedire agli aristocratici di dedicarsi a queste attività, ma con scarso successo. A volte però succedeva il contrario, cioè che l’imperatore costringeva qualcuno a combattere: ad esempio Caligola, visto che un uomo offese sua madre Agrippina, lo spedì nell’arena, e nonostante fosse uscito vincitore dall’arena, lo fece uccidere. Nerone addirittura fece combattere 300 senatori contro 400 cavalieri. Caso ancora più particolare era quando proprio gli imperatori combattevano: un esempio potrebbe essere quello di Commodo, il cosiddetto imperatore-gladiatore, che si faceva chiamare “Ercole Cacciatore”. Ovviamente gli scontri che vedevano coinvolto Commodo risultavano essere ridicoli, dal momento che nessun gladiatore avrebbe mai potuto anche solo colpire l’imperatore. Egli combatteva contro animali feroci, uccidendoli al primo colpo, perché di lui si poteva discutere tutto, tranne la sua precisione. In alcuni episodi, pur di non apparire al popolo inferiore ad un altro gladiatore, lo faceva uccidere.
Il secondo capitolo mi interessava fin dal primo momento e posso confermare, soddisfatto, che ha rispettato le mie aspettative. Il tema è quello del prezzo e dei costi di ogni gladiatore. In età imperiale, visto che accorrevano in molti a guardare gli spettacoli, Marco Aurelio in periodi in cui i soldi scarseggiavano, decise che una parte del ricavato dello spettacolo spettasse allo Stato. Ma ben presto i senatori cancellarono questa decisione. In “Un giorno al Colosseo”  l’autore parla di quattro categorie di gladiatori e quattro tipi di spettacoli, che andavano da semplici eventi a veri e propri “show”. A Roma i maestri delle scuole gladiatore di solito per gli spettacoli si rivolgevano ad un procurator munerum. La maggior parte di questi sono anonimi, uno dei pochi fu Prosene, la cui carriera è stata ricostruita grazie alle iscrizioni presenti sulle tombe. Le cifre pagate dall’organizzatore di solito andavano nelle tasche del lanista. Da ciò si può dedurre che con il ricavato degli spettacoli, i gladiatori non riuscivano a guadagnarsi da vivere, se non in casi eccezionali, come quello di Spiculus, gladiatore al quale Nerone regalò un palazzo intero. Solitamente però si trattava di eccezioni, ma in realtà di solito il lanista col gladiatore stipulava un accordo sull’incasso da guadagnare (di solito al gladiatore spettava il 15-20%). Quando poi i gladiatori si ritiravano, di solito o lavoravano nella scuola gladiatoria come maestri o facevano qualche lavoro ad esso connesso (addetto alle pulizie, guardiano). Rappresentavano eccezioni coloro che riuscivano a vivere di rendita o che venivano ingaggiati come guardie del corpo dei ricchi. In questo capitolo mi sono soffermato a lungo sulle parole di Seneca, che considerava i gladiatori “buoi, che il lanista ha il compito di far ingrassare, per poi macellarli”. C’è da dire che Seneca odiava questo tipo di “distrazioni”, ma sono rimasto sorpreso quando ho letto che un filosofo così importante ha usato tali termini per parlare dei gladiatori.
Concludo consigliandovi la lettura di questo libro e spero di avervi trasmesso qualcosa di quello che è questo aspetto così affascinante della vita romana.
S. F.

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