giovedì 25 febbraio 2016

Saffo, gli effetti dell'amore

L’ode di Saffo descrive la potenza dell’amore e i suoi effetti devastanti sull’animo. Esprime l’amore che la poetessa prova per una fanciulla, appartenente al tiaso, che deve partire perché promessa in sposa ad un uomo tramite un “contratto matrimoniale”:

Saffo, fr. 31 V 

φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν
ἔμμεν' ὤνηρ, ὄττις ἐνάντιός τοι

ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί-
    σας
ὐπακούει
καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ' μὰν                                                               τό μοι μὰν
καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν,
ὠς γὰρ <ἔς> σ' ἴδω βρόχε' ὤς με φώναισ'                                                  ὠς σε γὰρ ἴδω             φώνας

    οὐδ' ἒν ἔτ' εἴκει,
ἀλλ' †κὰμ μὲν γλῶσσα †ἔαγε λέπτον                                                         ἄκαν
δ' αὔτικα χρῶι πῦρ ὐπαδεδρόμηκεν,
ὀππάτεσσι δ' οὐδ
ὲν ὄρημμ', ἐπιρρόμ-                                                        οὐδ' ἒν                ἐπιβρόμεισι
    βεισι δ' ἄκουαι,
έκαδε μ' ἴδρως [ψῦχρος] κακχέεται τρόμος δὲ                                        κ
ὰδ δέ μ' ἴδρως
παῖσαν ἄγρει, χλωροτέρα δὲ ποίας
ἔμμι, τεθνάκην δ' ὀλίγω 'πιδεύης
    φαίνομ' ἔμ' αὔται·
ἀλλὰ πὰν τόλματον ἐπεὶ †καὶ πένητα
 
Mi sembra simile agli dei
quell’uomo, che siede davanti a te
e vicino ti ascolta
parlar dolcemente e
ridere amorosamente.
A me questo sconvolge il cuore nel petto,
ti vedo appena e non riesco più
a parlare,
la lingua si spezza, un fuoco sottile
mi corre sotto la pelle,
gli occhi non vedono più,
le orecchie rimbombano,
mi prende un sudore gelido.
Mi afferra tutta un tremito
e sono più verde dell’erba
Mi sembra di morire
Ma tutto si può sopportare…
 
 


Qui Saffo vede come un dio l’uomo, poiché siede di fronte alla fanciulla e l’ascolta ridere e parlare; la gelosia ha il sopravvento, come hanno il sopravvento le emozioni che prova in quel momento: il cuore perde il battito, la lingua non riesce più a muoversi, il fuoco la pervade e la fa sudare freddo, non vede e non sente niente; pensa che sta per morire. Si è lasciata trasportare troppo da questo sentimento, tanto che la sta conducendo fino alle porte dell’Ade. Rispetto a Catullo nel carme 51, Saffo esprime ancora meglio la sofferenza che la pervade. Ha scritto un’ode che rappresenta l’amore femminile, incondizionato, un amore da cui dipende la vita stessa. Esprime completamente i suoi sentimenti, rivelando il suo animo al lettore, aprendo la sua mente e il suo cuore, mostrando non solo gli effetti interni di questo amore (la lingua spezzata, le orecchie che rimbombano, il cuore sconvolto, gli occhi che non vedono più, un fuoco che passa sotto le membra), ma anche quelli esterni (è verde come l’erba, la prende un sudore gelido e sente che sta per morire). Catullo, invece, non dimostra esternamente ciò che sta provando, tiene tutto dentro sé. Ma una cosa in comune è che entrambi soffrono per il medesimo motivo… l’amore.


Ma cos’è l’amore? L’amore è un sentimento che spesso viene confuso con l’amicizia. Anche io spesso faccio questo errore. Ma l’amore è quel sentimento che dà vita ad una scintilla che man mano diventa un fuoco che scioglie il ghiaccio che circonda il nostro cuore. L’amore converte tutto ciò che è grigio in qualcosa di perfetto.
Saffo | © Google immagini
 L’amore è una strada che percorriamo con la persona che diventa la luce dei nostri occhi, la luce che non smetteremmo mai di osservare perché non ci basta mai. Quella persona è il centro del nostro universo, è una delle nostre ragioni di vita. Non possiamo allontanarci da lui/lei, perché è come ossigeno per i nostri polmoni. È la persona a cui pensiamo costantemente e con cui vorremmo passare ogni secondo della nostra vita. È la persona per cui saremmo in grado di sacrificarci. È la persona che non vorremmo mai perdere che non avremmo il coraggio di lasciare.

L’amicizia invece è un legame invisibile che tiene unite due persone che si completano. L’amicizia ci permette di avere qualcuno con cui parlare, con cui sfogarsi, qualcuno con cui condividere le nostre pene e le nostre gioie, è una fabbrica di ricordi e di momenti che rimarranno impressi nel nostro cuore, scolpiti nella nostra mente e tatuati sulle nostre palpebre. L’amico è colui che rende la nostra giornata un’avventura, è la persona che non ci stancheremmo mai di avere al fianco, che ci ascolta, che ci vede cadere, cerca di salvarci, ma se non ci riesce decide di andare incontro al nostro stesso destino e non si pente della sua scelta. È colui che cerca in tutti i modi di farci ridere, che ci difende ed è sempre dalla nostra parte, anche se è solo contro tutti. È la voce che ci consolerà, la spalla su cui piangeremo, sono gli occhi che ci seguiranno per infonderci coraggio e dire “ce la puoi fare, non sei solo”, le braccia che ci stringeranno, è la mente che ragiona nel nostro stesso modo, è la presenza invisibile ma costante, che ci accompagnerà lungo il nostro viaggio, è il pugno che abbatterà i nostri ostacoli, è il corpo che ci farà da scudo. È la persona di cui ci fidiamo ciecamente e che, una volta conosciuta, farà sempre parte di noi.
A.L.
 

lunedì 22 febbraio 2016

Catullo, l'amore e l'odio

Catullo - Carme 85

Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade e mi tormento.
 

È un carme scritto da Catullo per Lesbia, il suo amore, il cui vero nome è Clodia. È un amore contrastante. L'autore combatte continuamente tra due sentimenti opposti e passa dall’uno all’altro con una facilità sconcertante. Ama Clodia perché ormai è il suo tutto e la sua ragione di vita, la odia perché l’amore non è ricambiato, lei lo vede solo come uno dei suoi tanti clienti. Quello che Catullo sta cercando è un amore impossibile da raggiungere con lei, quello che riesce ad avere è solo l’amore di una notte, una notte per lui di grande importanza, ma per lei, uguale a tante altre. Catullo | © Google immagini
 
 Sa di sbagliare, sa di non dover più pensare a lei, ma ormai è troppo tardi, ormai non gli rimane altro che il tormento. Questo è un amore che non potrà vivere come lui desidera e per questo comincia ad odiarlo. È difficile amare qualcuno che non si può amare, è uno degli effetti collaterali dell’amore, un sentimento tanto bello quanto letale, bello quando trovi la persona che rappresenta il pezzo mancante del tuo puzzle, letale quando pensi di aver trovato questo pezzo, ne sei sicuro, ma alla fine non combacia perché appartiene ad un altro puzzle. Incominci, così, a provare il sentimento opposto, cominci ad odiare tutto e tutti. L’uomo in generale preferisce odiare perché ha la certezza di poter solo far soffrire, piuttosto che amare, poiché ha la certezza che prima o poi toccherà a lui soffrire. La sofferenza di Catullo si legge anche nella rivisitazione del fr. 31 V di Saffo, poetessa d’amore del mondo greco.
 
Catullo - Carme 51

Ille mi par esse deo videtur,                                                 Mi sembra che sia pari ad un dio
Ille, si fas est, superare divos,                                              Se è lecito, mi sembra che superi gli dei,             
Qui sedens adversus identidem te                                     Colui che, sedendoti di fronte,
Spectat et audit                                                                      continuamente ti guarda e ti ascolta
Dulce ridentem, misero quod omnis                                  mentre ridi dolcemente, cosa che a me misero
Eripit sensus mihi: nam simul te,                                         strappa tutte le facoltà: infatti non appena
Lesbia, aspexi, nihil est super mi                                         ti vedo, Lesbia, non mi rimane più
Tum quoque vocis.                                                                 neppure un fil di voce
Lingua sed torpet, tenuis sub artus                                     ma la lingua si intorpidisce, un fuoco sottile
Flamma demanat, sonitu suopte                                         si insinua sotto le membra, le orecchie
Tintinant aures, gemina teguntur                                       rimbombano per un suono interno, gli occhi si
Lumina nocte.                                                                         ricoprono di una duplice notte.
Otium, Catulle, tibi molestum est:                                      L'otium, Catullo, per te è un peso
Otio exultas nimiumque gestis.                                           Per l'otium sei troppo felice, ti dibatti.
Otium et reges prius et beatas                                            L'otium già mandò in rovina in passato re e
Perdidit urbes.                                                                        città felici.
 
Sono versi rivelatori della passione di Catullo e della gelosia che prova nei confronti del "lui" che guarda e ascolta la sua amata. Vorrebbe essere quell'uomo, vorrebbe non soffrire come sta soffrendo in questo momento, vorrebbe poter ritrovare la sua voce per parlare con lei, vorrebbe eliminare quel suono che rimbomba nelle sue orecchie per riascoltare la sua voce, vorrebbe tornare a vedere per osservarla, ancora e ancora, ma non può; il fuoco sotto le sue membra, come la notte nei suoi occhi, sarà perenne, perché sa di star rincorrendo un miraggio. L'oggetto del desiderio è troppo lontano, riesce a sfiorarlo qualche volta, e si culla per poco tempo nella felicità del momento, ma quella temporanea felicità lo porterà alla rovina come già ha portato alla rovina regni che un tempo erano stati felici.
 
A.L.

sabato 13 febbraio 2016

La Vera Amicizia

È per me veritiero ciò che Cicerone afferma sull’amicizia, essa permea noi ed è fondamento della società, dal più imponente impero al più misero villaggio. Ritengo infatti che i grandi uomini della storia non avrebbero potuto fare ciò che hanno fatto senza un legame così unico come l’amicizia.
© Google Immagini
Alessandro Magno aveva generali fidati come Clito ed Efestione, senza i quali forse non sarebbe riuscito formare un così grande impero. Forse neanche Cesare sarebbe riuscito a governare senza il legame con Mamurra. Lo stesso Cicerone aveva una persona che egli definiva come suo Vero Amico, Attico. Ma, purtroppo, ormai il puro ideale di amicizia, che un tempo forse esisteva, si è molto attenuato; abbiamo oggi esempi di corruzione e declino di questo così puro ed immortale legame. Molti grandi uomini di oggi si vantano di essere riusciti ad arrivare, con le proprie sole forze dove sono, senza capire che ciò che sono riusciti a fare sarebbe aumentato infinitamente se fosse stato fondato su di un tale legame. Nessuno dovrebbe provare alcuna emozione da solo, esse esistono al fine d’essere condivise. Ma volendo definire la parola Amico propongo questa frase di Aristotele:
Vera Amicizia è una sola anima che abita in due corpi, un cuore che batte in due anime.
Ed è cosi per me che un Vero Amico andrebbe visto, il Vero amico è quello con il quale puoi conversare senza aprire bocca, con il quale ti puoi confidare con un solo sguardo ed una lacrima, con il quale puoi fare progetti dicendo solo la prima parola della frase che avevi intenzione di dirgli. Tra mille voci la sua è, per te, una melodia, tra mille pensieri nei suoi rivedi i tuoi, tra mille occhi i suoi parlano ed infatti tutti sentono quello che dici, gli amici ascoltano quello che dici i Veri Amici ascoltano quello che non dici. L’ Amico Vero non è riassumibile in frasi banali come: “se cadi lui ti rialza” perché lui cade con te anche se già sapeva saresti caduto, non è nemmeno vero che  “lui è sempre accanto a te” perché entrambi vi permeate in ogni momento. Siete facce che combaciano di monete diverse. E spesso per raro che sia il vero amore, è meno raro della vera amicizia. La Vera Amicizia ha due ingredienti principali: il primo è la scoperta di ciò che ci rende simili. E il secondo è il rispetto di ciò che ci fa diversi. La Vera Amicizia è un romanzo nel quale si intrecciano continuamente due “io” narranti. Io però  che con il cuore vi ho provato a spiegare qualcosa che in realtà è quasi inspiegabile vi auguro di provarla o la vostra vita vi sembrerà vuota.
 
   
S.S.
 

lunedì 8 febbraio 2016

Il viaggio del Liceo Classico

Ciao a tutti,

Questa è la presentazione in formato PowerPoint "Il viaggio del Liceo Classico", che ho preparato per l'Open Day dell'Istituto Pontano:

DOWNLOAD Il viaggio del Liceo Classico


Mi rivolgo a tutti i ragazzi e le ragazze che stanno decidendo a quale scuola iscriversi:

Perché dovreste scegliere il Liceo Classico?

Perché insegna a ragionare e a resistere

Perché forma la Persona libera e consapevole

Perché il nostro Paese è la culla della civiltà classica

Perché la cultura classica è la dotazione di base indispensabile per sviluppare le sensibilità e le conoscenze utili a far comprendere il nostro Paese e le sue potenzialità di sviluppo economico prima di tutto agli Italiani

Perché il valore dell’arte, della cultura, dell’ambiente e di tutto ciò che ha reso grande l’Italia nel mondo, costituiscono il nostro petrolio e la ricchezza del futuro

Perché questa ricchezza ha bisogno di individui capaci di comprendere questo valore e trasformarlo in industria turistico culturale

Perché gli Italiani vivono in un museo a cielo aperto senza saperlo

Perché la carenza di formazione classica degli ultimi decenni ha fatto perdere la capacità di capire la propria identità e il proprio valore di grande Nazione, capitale mondiale della cultura (Pompei che crolla, il Colosseo degradato, Reggia di Caserta abbandonata etc.)

Come vedete, ci sono molti motivi per scegliere il Liceo Classico!
Vi aspettiamo all'Istituto Pontano, per studiare con noi in #UnClassicoDiverso!

EGJP

venerdì 5 febbraio 2016

Le statue coperte

Può davvero una statua millenaria, espressione di una cultura e di un tempo essere offensiva per un uomo del 21° secolo?
Una domanda quasi retorica per noi occidentali che di cultura greca e latina, di arte e plasticità abbiamo intrise ogni cellula del nostro corpo. Il nostro patrimonio anche genetico si fonda e si nutre proprio di quella ricerca del bello, dell’infinito, della libertà che non è ostentazione né impudicizia. Eppure è accaduto che qualcuno, occidentale, abbia pensato che quella cultura, quell’arte potessero offendere.
 
E’ accaduto in Italia, patria e culla dell’arte. E’ accaduto per “onorare”, dicono, la visita del presidente iraniano Rohani in Europa, prima tappa Roma. Il cerimoniale del presidente iraniano aveva chiesto che non capitasse che il presidente potesse essere fotografato in situazioni imbarazzanti o contrastanti la sua fede-cultura, compresa magari la vicinanza a statue ritraenti nudi. Ma da qui a coprirle il passaggio è davvero lungo. Ed è  ragionevolmente insostenibile. Abbiamo un patrimonio unico al mondo, abbiamo avuto la fortuna di ereditare esempi rari di ricerca della bellezza e dell’armonia. Abbiamo ricevuto proprio da quegli antenati le radici di quel pensiero libero e creativo, che per ossequio alla libertà, per rispetto della cultura fa si che i nostri rappresentanti all’estero, uomini e donne liberi, si propongano nei Paesi di cultura e tradizione diverse di volta in volta indossando il velo o la kippah, mangiando kasher o non bevendo alcool. Noi no!
Noi per ospitare e accogliere, togliamo i crocifissi dalle aule, copriamo statue millenarie, bandiamo il vino dalle nostre tavole! Ma davvero è questa l’ospitalità? Accogliere non è forse anche farsi conoscere, entrare in un dialogo leale e aperto? Cosa c’è di leale nella “copertura”, nell’omissione?
Mi sento un po’ sdegnato da questo tradimento alle radici e davvero spero che uomini Liberi e più illuminati possano in futuro restituire al mondo l’idea di un’Italia fiera del suo patrimonio. Non basta creare relazioni economiche per far crescere un Paese e soprattutto non c’è bisogno di rinnegarsi.
L. I.

Diversità e vergogna

Adamo ed Eva si coprirono con le foglie quando “scoprirono” di essere nudi; e si nascosero dalla vista del loro Signore e Creatore. Non più liberi, conosciuto il male oltre il bene, provarono vergogna, disagio.
 
 
Più avanti nel tempo gli spartani preferirono uccidere i loro figli handicappati per non far vivere loro nel disagio, ma soprattutto per non mostrare in una cultura di ricerca del bello e della perfezione stilistica la creature deforme o minorata che avevano generato perché, secondo cultura, meritevoli di una punizione divina.
Vergogna. E’ una parola che accompagna spesso attraverso i secoli la diversità. Vergogna è per il dizionario “Profondo e amaro turbamento interiore che ci assale quando ci rendiamo conto di aver agito o parlato in maniera riprovevole o disonorevole…Motivo di riprovazione e disonore” e ancoraSentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito”. Riguarda il sentire di ciascuno quindi, ma in relazione con l’altro o con gli altri, o con l’omologazione sociale, o con la morale di una determinata società di appartenenza.
Ma oltre la diversità fisica, razziale, genetica di cui tutti parliamo, della cui emarginazione tutti, o quasi, ci sdegniamo, esiste una diversità storico-culturale.
L’occidente, l’Europa, l’Italia hanno una cultura diversa dall’Oriente, dal Medioriente, è diversa la storia che le ha generate.
Ma trattasi di cultura, di tradizioni, di un patrimonio. E di questa diversità ci si può vergognare? Mi riferisco alle scelte italiane fatte in occasione della visita istituzionale a Roma del presidente iraniano Rohani: coprire le statue dei Musei Capitolini che rappresentano la bellezza anche attraverso la nudità, ovvero la bellezza e l’armonia dei corpi rappresentati nella naturalità del loro esistere ed escludere il vino, altro emblema della tradizione e della cultura di questo nostro Paese, dai pranzi ufficiali.
 
Qual è il senso? Mi chiedo, ancora una volta, di questa esclusione. Quale la vergogna?
Lo sdegno internazionale è ampiamente condivisibile. E lo stupore pure. Il libero arbitrio dove è finito? Il rispetto di sé può cedere il passo all’ostentazione del rispetto di un altro? La storia, che è piena di azioni di accondiscendenze, che hanno portato tragedie all’umanità, davvero non ha insegnato nulla?
Auguriamoci che, con questi uomini che scelgono le forme di accoglienza, non dobbiamo mai venire a patti con capi di Stato cannibali... perché non oso neppure immaginare il menu!!!!
Vergogna, sì lo voglio dire io, ma lo indirizzo a chi ha fatto una scelta così scellerata da tradire le proprie origini e la propria cultura.
 
L.I.

Il mio gennaio in #UnClassicoDiverso

Salve a tutti,

circa una settimana fa abbiamo analizzato in classe gli stipendi nell'Antica Roma. Sono sicura che resterete a bocca aperta, proprio come siamo rimasti noi. E' estremamente sorprendente il modo in cui un cittadino romano fosse capace di andare avanti e mantenere la sua famiglia con stipendi così bassi. Nel II Secolo a.C. un semplice legionario aveva infatti uno stipendio di circa 120 denari all'anno! La spesa annuale per farina, olio e vino portava via ben 85 denari, quindi restava ben poco a disposizione per gli acquisti di altri beni. E pensare che noi non riusciremmo a sopravvivere neanche una settimana, se facessimo riferimento a un ipotetico cambio in euro di quelle paghe.

 

Un paio di settimane fa, invece, abbiamo guardato un filmato riguardo le specialità culinarie dell'Antica Roma ed erano ben diverse da quelle attuali. I Romani non facevano mai a meno di insaporitori e spezie pur di assaporare un gusto diverso e di coprirne alcuni.

Il 27 Gennaio abbiamo, inoltre, visto un filmato in cui il noto ciclista Bartali aiutò tanti bambini ebrei a scappare in Sud America, verso la salvezza. Abbiamo paragonato questo gesto alla beneficenza che molti vip di oggi fanno, più per i media che per il vero scopo. Ma abbiamo cercato soprattutto di puntare l'attenzione sul fatto che Bartali è stato in grado di vedere quei bambini con grande umanità e quindi tutti uguali, tra loro e tra tutti. Non ha fatto distinzioni, non li ha considerati diversi nè tantomeno disprezzati. Questo è in realtà lo scopo del nostro blog: ricercare e prendere qualsiasi tipo di diversità in modo da ammirarle e mai disprezzarle.

FV

giovedì 4 febbraio 2016

Un #friendsday diverso

Oggi abbiamo festeggiato il ‪#‎friendsday‬ leggendo e traducendo il capitolo 23 del "De amicitia" di Cicerone:

E poiché l'amicizia comporta moltissimi e grandissimi vantaggi, allora quella è nettamente superiore a tutte le cose, per il fatto che alimenta buone speranze che rischiarano il futuro e non permette all'animo di deprimersi e di abbattersi. Chi guarda un vero amico, in realtà, guarda come un ritratto di sé. E così gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, quel che è più difficile a dirsi, i morti vivi; tanto grande onore, ricordo e desiderio degli amici li accompagna. E da ciò la morte di quelli sembra felice, di questi sembra lodevole la vita. Poiché se toglierai il legame dell'affetto alla natura, nessuna casa, nessuna città potrà esistere, neppure l'agricoltura sopravvivrà.
Se ciò non è chiaro, si può capire dai dissensi e dalle discordie quanto sia grande la forza dell'amicizia e della concordia. Quale casa infatti è così stabile, quale città è così resistente da non poter essere stravolta fin dalle fondamenta dagli odi e dalle divisioni interne? E da ciò si può giudicare quanto ci sia di buono nell'amicizia.
 

Cumque plurimas et maximas commoditates amicitia contineat, tum illa nimirum praestat omnibus, quod bonam spem praelucet in posterum nec debilitari animos aut cadere patitur. Verum enim amicum qui intuetur, tamquam exemplar aliquod intuetur sui. Quocirca et absentes adsunt et egentes abundant et imbecilli valent et, quod difficilius dictu est, mortui vivunt; tantus eos honos, memoria, desiderium prosequitur amicorum. Ex quo illorum beata mors videtur, horum vita laudabilis. Quod si exemeris ex rerum natura benevolentiae coniunctionem, nec domus ulla nec urbs stare poterit, ne agri quidem cultus permanebit. Id si minus intellegitur, quanta vis amicitiae concordiaeque sit, ex dissensionibus atque ex discordiis percipi potest. Quae enim domus tam stabilis, quae tam firma civitas est, quae non odiis et discidiis funditus possit everti? Ex quo quantum boni sit in amicitia iudicari potest.

‪#‎UnClassicoDiverso‬

lunedì 1 febbraio 2016

Eroi diversi

Come sappiamo, in tempo di guerra il tema del diverso e la concezione dell’altro non erano gli stessi di adesso, la Germania e l'Italia erano accecate dalla follia dei dittatori e le leggi razziali non lasciavano scampo ai “diversi”.

Gino Bartali all’epoca compie un gesto che non può essere definito di stampo patriottico, in quanto egli salva centinaia di ebrei e non di suoi connazionali, nemmeno ne trae guadagno, lui rischia la vita per salvarne altre che, se anche “diverse”, erano pur sempre vite umane.

Molti non avrebbero avuto il coraggio di mettersi così tanto in pericolo, egli infatti, pur essendo famoso tanto da essere riconosciuto per strada, rischia tutto per aiutare quegli 800 bambini ebrei, infatti lo fa come gesto di pura umanità. Questo tipo di gesti in una società come la nostra avvengono di rado, anche perché quasi tutti pensano al guadagno personale e non ad aiutare gli altri per il solo piacere di farlo e per dovere morale, in quanto siamo tutti umani anche se spesso “diversi”. Bartali fa quello che fa da anonimo, non si fa pubblicità, infatti il suo gesto eroico viene scoperto molti anni dopo . Molto spesso oggi i grandi sportivi fanno gesti per aiutare gli altri come donazioni o atti di beneficenza, ma sono sempre sotto i riflettori e finiscono per diventare meri gesti propagandistici che comunque portano loro vantaggio. Quello che uno sportivo o un qualunque grande personaggio famoso può e dovrebbe fare è di utilizzare la propria fama internazionale per spingere la gente a capire i bisogni delle persone nel mondo o per far avere alla gente il coraggio di fare qualcosa che da sola non farebbe mai. Non dimenticherò mai l’atto con cui il grande pugile Muhammad Alì fece alzare un grido in America, per metà di appoggio, per metà di disprezzo. Egli decise infatti di non andare in guerra, dovette così pagare 10000 dollari di multa e dovette anche scontare 3 anni in carcere perdendo ogni suo titolo, motivò la sua decisione dicendo al mondo che ascoltava: “I vietcong, contro cui dovrei combattere e per mano dei quali dovrei morire non mi hanno fatto nulla, mentre i bianchi sotto casa mi chiamano “Sporco negro”, così ora io decido di rimanere qui e combattere loro e nessun altro”.
 
Dopo quella dichiarazione, un numero sempre maggiore di uomini di colore in America decisero di non partire.
Molti meriti vanno anche a tutti quei personaggi famosi che oggi sono il volto dell’Unicef e grazie ai quali sono state fatte centinaia di donazioni, essi come Alì e Bartali non hanno guadagno ma fanno qualcosa per fare sì che anche coloro che vengono considerati “diversi” possano vivere come ogni uomo dovrebbe poter fare.
Svegliamoci la mattina sapendo che aiutare gli altri per quanto “diversi” è un bene! Scopriamo cosa sia il dono del dare senza ricevere, facciamo del nostro mondo terra di tutti: bianchi, neri, cristiani, ebrei, musulmani, occidentali ed orientali!
E se questo può voler dire rischiare, facciamolo senza pensare perché il grazie che riceveremo sarà migliore di qualsiasi ricompensa! Se è vero che l’ uomo è alla costante ricerca della felicità, ricordiamoci che sono questi i gesti che ci rendono realmente felici!
Ayn Rand disse: “Siamo tutti fratelli sotto la pelle, e io vorrei spellare l’ umanità per dimostrarlo”.

 
S.S.