martedì 15 marzo 2016

Riflessioni sulla maternità surrogata

La settimana scorsa, durante le ore di religione, abbiamo visto dei filmati il cui tema riguardava la maternità surrogata, anche nota come “utero in affitto”. Non appena è finito uno dei filmati, tutti noi ci siamo trovati ad essere coinvolti in un’accesa discussione. A mio avviso, queste organizzazioni sono delle macchine economiche produttrici di bambini, con l’obiettivo di generare soltanto denaro. Non c’è sentimento in queste azioni, l’unico sentimento che si può individuare è l’egoismo, l’egoismo di due persone che strappano una creatura alla propria e unica madre con il solo scopo di placare il loro desiderio, un desiderio che soddisfa loro, e non la creatura.
foto © Google immagini
La madre firma un contratto, anche se a dirlo sembra difficilmente possibile, al fine di guadagnare materialmente denaro. Esistono talmente tanti umili lavori che possono essere praticati, ma certo, partorire un figlio e venderlo può sembrare meno faticoso. Partendo da questo concetto - tra l’altro molto discutibile - organizzazioni, madri e coppie omo o eterosessuali danno vita ad una situazione completamente errata dal punto di vista etico e morale.
F.V.
Ricorrere alla maternità surrogata e cedere l’utero in affitto sono secondo me delle pratiche sbagliate. Sottoporsi a mesi di sofferenza e a volte anche di gioie, portando in grembo un bambino, per poi abbandonare ciò che è stato tanto dentro di sé solo per soldi è moralmente sbagliato e privo di etica. Ancora più complessa è la discussione sull’opportunità di ricorrere alla maternità surrogata da parte di coppie omosessuali. A mio parere, i figli hanno bisogno di una famiglia composta da un padre e una madre.
L. I.

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