La settimana scorsa, durante le ore
di religione, abbiamo visto dei filmati il cui tema riguardava la maternità
surrogata, anche nota come “utero in affitto”. Non appena è finito uno dei
filmati, tutti noi ci siamo trovati ad essere coinvolti in un’accesa discussione.
A mio avviso, queste organizzazioni sono delle macchine economiche produttrici
di bambini, con l’obiettivo di generare soltanto denaro. Non c’è sentimento in
queste azioni, l’unico sentimento che si può individuare è l’egoismo, l’egoismo
di due persone che strappano una creatura alla propria e unica madre con il
solo scopo di placare il loro desiderio, un desiderio che soddisfa loro, e non
la creatura.
La madre firma un contratto, anche se a dirlo sembra difficilmente
possibile, al fine di guadagnare materialmente denaro. Esistono talmente tanti
umili lavori che possono essere praticati, ma certo, partorire un figlio e
venderlo può sembrare meno faticoso. Partendo da questo concetto - tra l’altro
molto discutibile - organizzazioni, madri e coppie omo o eterosessuali danno
vita ad una situazione completamente errata dal punto di vista etico e morale.
F.V.
Ricorrere alla maternità surrogata
e cedere l’utero in affitto sono secondo me delle pratiche sbagliate.
Sottoporsi a mesi di sofferenza e a volte anche di gioie, portando in grembo un
bambino, per poi abbandonare ciò che è stato tanto dentro di sé solo per soldi
è moralmente sbagliato e privo di etica. Ancora più complessa è la discussione
sull’opportunità di ricorrere alla maternità surrogata da parte di coppie
omosessuali. A mio parere, i figli hanno bisogno di una famiglia composta da un
padre e una madre.
L. I.
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