Quello della religione presso i Germani era un tema molto
importante e complesso e per certi versi si allontanava dall’ideologia dei
Galli, ma anche da quella degli stessi Romani. Cesare infatti subito evidenzia
una grande differenza rispetto alla tradizione dei Galli, cioè che i Germani
non avevano sacerdoti e non credevano nelle stesse divinità dei popoli vicini.
Secondo quanto riportato da Cesare, i Germani credevano solo nelle divinità che
riuscivano a “vedere”, come Sole, Luna e Vulcano e non erano soliti fare
sacrifici di alcun genere. Questa descrizione fornitaci da Cesare è però
imprecisa, dal momento che Tacito rivoluziona l’idea che i Romani avevano della
religione germanica. Infatti Tacito diceva che Mercurio era uno degli dei più
venerati e che a lui venissero offerti sacrifici umani. Ercole e Marte, invece,
i Germani erano soliti placarli non sacrifici animali. Inoltre si dice che alcuni Svevi
venerassero Iside, divinità egizia.
Sull’origine di questo culto neanche uno come
Tacito è riuscito a trovare notizie certe, se non che essendo raffigurata nella forma
di una nave liburna, doveva trattarsi di un culto importato.
Personalmente penso che sia molto interessante capire come venisse percepita la
religione presso un popolo che agli occhi dei Romani era analfabeta e rozzo. Il campo
religioso, più degli altri, ci fa capire quanto fosse importante e frequente lo
scambio di opinioni, di culture che c’era tra i popoli. Significativo è vedere
come cambino i fatti da Cesare, che tende ad elogiare i Romani per la vastità
di divinità che veneravano, a Tacito, che scrive un’opera etnografica e non solo
storiografica.
S. F.
Ancora una volta ci viene presentato un aspetto della vita
romana e di quella germanica, sotto due estremi punti di vista. Il primo a
parlarcene è Cesare, che descrive i Germani come più distaccati dalla religione.
Secondo la sua testimonianza, essi non hanno i sacerdoti né si dedicano a
venerare le divinità, ad eccezione di quelle più percettibili come Sole,
Vulcano e Luna. Tacito, all’interno del capitolo nono della Germania, contesta
la testimonianza di Cesare, sottolineando che i Germani facevano addirittura dei
sacrifici umani per Mercurio e di animali per Ercole e Marte, e che
praticavano un culto per la dea egiziana Iside. Egli, inoltre, tenta di
giustificare il culto straniero precisando che il simbolo della dea fosse una
nave, segno di trasferimento culturale. Da un lato si ha il romano Cesare, che
tenta di sminuire i culti germanici, dall’altro il germanico Tacito che difende
la dedizione della sua Patria. Sebbene così diverse, le due testimonianze ci portano
indietro nel tempo ed è interessante analizzare questo confronto.
F. V.
Ragazzi, vi presento un ulteriore aspetto che differenzia la
civiltà dei Germani da quella romana, ovvero la religione. Nel “De bello
Gallico” Cesare scrive: “I Germani hanno consuetudini molto diverse. Infatti
non hanno druidi che presiedano alle cerimonie religiose, né si occupano dei
sacrifici. Considerano dei solo quelli che vedono e dal cui aiuto traggono
giovamento, come il Sole, la Luna e il Vulcano. Degli altri dei non hanno
neanche sentito parlare”. Da questo brano possiamo dedurre che i Germani
praticavano una religione ancestrale o animista, vale a dire che solo i corpi
celesti e gli elementi della terra erano ritenuti oggetti di culto.
Quest’analisi di Cesare, però, è considerata dagli storici imprecisa,
superficiale; egli si aggrappa all’imperfezione con il solo scopo di destare
nei Romani una sensazione di superiorità assoluta. Fortunatamente Tacito nel nono capitolo
della Germania analizza nei minimi particolari tutte le credenze dei Germani e
ce le presenta dicendo: “Sopra tutti gli dei onorano Mercurio, cui ritengono
lecito, in certi giorni, fare anche sacrifici umani. Placano Ercole e Marte con
sacrifici di animali consentiti. Parte degli Svevi sacrifica anche a Iside.
Dell’origine e del motivo di questo culto straniero ho potuto accertare ben
poco, al di là di un dato, e cioè che il simbolo stesso della dea,
rappresentata in forma di nave liburnica, dimostra che il culto è stato
importato”.
D. B.
Come vediamo in questa prima testimonianza di Cesare, egli
spiega come il culto dei Germani prevedesse divinità naturali invisibili e che
rivelavano il proprio potere quotidianamente, come Vulcano, Sole e Luna; questo
rispecchia le qualità spesso pragmatiche dei Germani. Tacito invece fa una
descrizione più attenta e molto diversa di questa religione barbarica, forse
anche per il diverso periodo storico di riferimento, e ci dice quindi che, con
mia grande sorpresa, anche ai Germani erano arrivate divinità del Pantheon
greco, e poi romano, come Mercurio, al quale dedicano sacrifici anche umani,
Marte ed Ercole, ai quali dedicano sacrifici animali. Perfino il culto di Iside
era arrivato fino agli Svevi, che la raffigurano con la liburna.
S. S.
Come ci tramandano sia Cesare nel “De bello Gallico” che
Tacito nella sua “Germania”, i popoli germanici erano adoratori di più
divinità. La loro religione si mostrava ben articolata e fermamente politeista.
Nel IX capitolo della “Germania”, Tacito scrive che loro non avevano una
casta sacerdotale, né tantomeno santuari o luoghi sacri, anche se non è del
tutto corretto: sono state ritrovate infatti diverse fonti storiche religiose.
Esistevano addirittura gli sciamani, figure magiche dotate di particolari poteri,
che permettevano di mediare tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti.
Apparentemente il politeismo germanico è sorto per influsso della cultura
romana. I germani infatti, essendo tendenzialmente nomadi, erano divisi in
tanti gruppi e in pratica ciò che avrebbe accomunato le diverse genti
culturalmente e religiosamente, sarebbe stata proprio la romanizzazione.
L. P.
I popoli germanici, come ci tramandano sia Tacito nella sua
“Germania” che Cesare nel “De bello Gallico”, erano adoratori di più divinità e
quindi politeisti. Questa è l’unica caratteristica che avevano in comune con la
religione romana. La religione germanica era molto semplice e di carattere
naturalistico, come spesso accade ai popoli nomadi abituati ad osservare e
temere i misteriosi fenomeni naturali. I loro dei si identificavano dunque con
le forze della natura e potevano perciò essere buoni o cattivi. Veneravano ciò
che potevano vedere (Sole, Luna, Vulcano). A loro dedicavano molti rituali e
sacrifici, non solo animali ma anche umani, a differenza dei Romani.
Quest’ultimi credevano, invece, in molte più divinità, divinità mai viste.
Avevano la capacità di vedere oltre le cose materiali e visibili. I Germani
inoltre non avevano sacerdoti, ma sciamani capaci di mediare tra il mondo dei
vivi e quello dei morti e con dei poteri sovrannaturali. Credevano nella magia
e nella possibilità che, dopo la morte, il corpo sopravvivesse aggirandosi nei
pressi del luogo della sepoltura, proteggendo la propria gente. Credevano negli
spiriti e nella loro potenza. Per i Romani, invece, rimanere sulla terra era
una punizione, una conseguenza alla mancata sepoltura del corpo. Un’altra
differenza è che i Germani sentivano realmente l’unione che legava il fedele
alle divinità, mentre per i Romani il culto dei loro dei era più che altro un
compito che dovevano svolgere. Pochi avevano realmente fede. Come oggi
d’altronde. Molti nel XXIesimo secolo sono atei, non credono in qualcuno o in
qualcosa superiore a noi esseri umani, non credono che il loro destino è in
realtà nelle mani di qualcun altro e non nelle loro. Non credono che siamo qui
per una ragione che va ben oltre la nostra comprensione. Sono atei perché è più
facile non credere in niente ed aggirare quelle domande a cui nessuno può dare
una risposta, piuttosto che avere fiducia in qualcosa che non si conosce,
cercando di rispondere a quelle domande. Nell’antichità era il contrario. Pur
di rispondere a quelle domande, i popoli creavano dal nulla degli dei che
amavano più di sé stessi. Li creavano perché altrimenti si sentivano persi.
Questo fino a quando il progresso e la presunta “superiorità” degli uomini ha
rovinato tutto.
A. L.