mercoledì 13 aprile 2016

Plinio, il Vesuvio e... noi della II A!

Il Vesuvio è uno dei vulcani più famosi del mondo. È alto 1281 m ed ha alle sue spalle millenni di storia. Quando ne abbiamo parlato in classe, il mio stupore era legato al fatto che, pur avendolo sempre davanti agli occhi, non mi sono mai resa conto di quanto fosse importante. Per più secoli è stato definito un “locus amoenus” (luogo felice, sereno) da alcuni dei più importanti autori latini, come ad esempio Seneca, Virgilio e Plinio il Vecchio.
Di Mentnafunangann - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=34848949
 
 
Quest’espressione latina indica il tòpos di un luogo ideale, collocato in un perfetto mondo naturale e totalmente estraneo al caos del mondo cittadino. Dunque molti nella storia hanno apprezzato e amato il Vesuvio. Ma perché? Beh, il motivo pare così ovvio, eppure confesso che non avevo molte informazioni a riguardo, almeno fino a ieri. Cominciamo col dire che alcune delle più grandi risorse del vulcano erano per uso strettamente quotidiano. Era di fatto amato per i grandi giardini e le grandi distese di terra fertile, per le coltivazioni, la coltura delle viti e le importantissime zone residenziali di lusso per i patrizi romani. Inoltre ritroviamo le sue ceneri e la pietra di tufo nelle più antiche strutture delle città che lo circondano e tuttora il Vesuvio è rappresentato come simbolo della città di Napoli nelle migliori cartoline.
Dal punto di vista storico, è chiaramente molto importante la data del 24 agosto del 79 d.C., quando ci fu l’eruzione che è senza dubbio la più nota non solo del Vesuvio, ma anche di tutti i vulcani del mondo. È raccontata in modo dettagliato da Plinio il Giovane in due lettere destinate a Tacito. Fino a quel giorno, il Vesuvio era considerato un mons, un vulcano spento, reso attivo solo dopo una scossa di terremoto. Nelle lettere viene raccontata la morte di Plinio il Vecchio, che partito da Capo Miseno, giunge con una nave in soccorso della cugina e di altri familiari. L’eruzione ebbe inizio con l’apertura del condotto, seguita da una serie di esplosioni. Questa fase dell’eruzione si protrasse circa fino al mattino successivo, determinando la distruzione totale dell’area di Ercolano, Pompei e Stabia: una vera catastrofe per tutti gli abitanti.
Oggi si guarda il Vesuvio sotto tante prospettive diverse. C’è chi lo fa da lontano, chi da lati opposti e chi invece lo guarda da più vicino. Fatto sta che chi ha la fortuna di appartenere alla sua terra, lo definisce possente, maestoso, onnipresente; gli altri lo identificano come una minaccia, un giustiziere, un pericolo, per il fatto che magari un giorno potrebbe punire noi e la nostra amata terra. Non ho mai capito il perché di quest’odio incondizionato. Sarà per la magnificenza e l’immensità o probabilmente per il fatto che il mare che lo bagna e tutta la costa sono sempre toccati da raggi di sole. A Napoli si racconta che il giorno in cui la città fu creata, fu San Gennaro a supplicare Dio che, stanco per tutto il lavoro che la creazione del mondo aveva comportato, decise di fare in un modo più veloce: prese un pezzo di Paradiso e lo collocò proprio nella terra che oggi abitiamo. Forse per questo l’invidia altrui è assolutamente prevedibile!
L. P.

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