Le donne
romane non potevano rinunciare ad essere protagoniste anche in alcuni
spettacoli della vita pubblica, che a quei tempi aveva nel Colosseo uno dei
luoghi principali; così, grazie alla loro volontà, riuscirono a prendere parte
ai combattimenti e assunsero il titolo di “gladiatrici”. Ovviamente questa
attività non riguardava molte donne, né era ammirata da tutte; vi erano sia
gladiatrici con una tale passione da scendere volontariamente nell’arena, sia
gladiatrici che non avevano via d’uscita e venivano costrette ad imbracciare le
armi. Sfortunatamente gli storici non sono riusciti a risalire con esattezza al
primo combattimento tra donne, ma vi sono alcune informazioni: a Ostia un
organizzatore affermava di essere stato il primo ad averle inserite nella vita
pubblica, ma in realtà si suppone che il primo combattimento abbia avuto luogo
ai tempi di Nerone e non si trattava solo di donne prese tra gli schiavi, tra
gli stranieri e i cittadini più poveri, bensì anche di donne vicine
all’ambiente dei senatori.
Inoltre l’imperatore Domiziano, amante degli effetti
speciali, organizzò uno spettacolo notturno nel quale le gladiatrici duellavano
contro dei nani, sotto la luce delle torce. A dirla tutta, questi spettacoli
raramente suscitavano una vera e propria ammirazione, erano piuttosto oggetto
di curiosità e scherno. Uno di questi casi è iscritto sul bassorilievo di
Alicarnasso risalente al I o al II d.C. e conservato nel "British Museum". Si
tratta del combattimento tra “Amazzone e Achillea”: la prima ricordava agli
spettatori le leggendarie donne guerriere, le Amazzoni; mentre la seconda era
la variante femminile di Achille. Entrambe sono raffigurate con le stesse armi
dei loro colleghi uomini, manca solo l’elmo. È probabile che la scena
rappresenti un momento particolare: le due donne sono sormontate dalla scritta
“apeluthesan”, ovvero le gladiatrici si erano battute con coraggio ed erano
uscite con onore dall’arena. Però ai veri appassionati dei ludi gladiatorii, come Giovenale, non piaceva affatto veder
combattere le donne. In particolare, l’imperatore Settimo Severo reputava
quegli spettacoli addirittura un’offesa, così intorno al 200 li proibì.
D. B.
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